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LIBRO VII - RIVOLTA E PACIFICAZIONE DELLA GALLIA BELGICA

I – A Roma erano stati eletti consoli (per l'anno 53) Marco Valerio Messalla Rufo e Gneo Domizio Calvino, entrambi sostenuti da Licinio Crasso e Giulio Cesare.

Marco Valerio Messalla Rufo Gneo Domizio Calvino

Gli Ottimati accusarono entrambi di brogli, ma l'accusa cadde ed entrarono in carica.
In realtà, poiché i cittadini Italici per votare dovevano andare a Roma e sostenere spese che per i più umili erano insostenibili, per farli votare Crasso, come già in altre occasioni e lo stesso Cesare, si accollarono gran parte delle spese, mandando in fumo le trame degli Ottimati.

Intanto mentre Marco Crasso era in Siria, il proconsole Pompeo restava a Roma.

 

II – In Gallia i Druidi non cessavano di incitare alla rivolta.

Andavano dicendo che se i soli Eburoni avevano annientato un esercito Romano, unendo le forze i Galli avrebbero riconquistato la propria libertà e restaurato le antiche tradizioni, violate dai Romani. Alle parole facevano seguire i fatti, perseguitando tutti coloro che si opponevano ai loro disegni. Tale era stato il destino di Tasgezio, di Cavarino e di tutti coloro che si diceva fossero nostri amici.

Per queste ragioni, aggravate dalla leggerezza dei Galli, Cesare prevedeva nuove insurrezioni. Decise quindi di arruolare nella Provincia una nuova legione e chiese a Pompeo, in nome della loro amicizia e nell'interesse della repubblica di cedergli le due legioni che aveva a disposizione nella Cisalpina.

In tal modo lo raggiunsero tre legioni, dimostrando ai Galli la potenza di Roma che aveva rimpiazzato i soldati perduti da Titurio Sabino con un numero doppio di legionari.

 

III – Nonostante la morte di Induziomaro i Treveri continuarono a chiedere ai Germani Transrenani di unirsi a loro contro i Romani.


Induziomaro

Non ottenendo alcun risultato, si rivolsero ai lontani Suebi, promettendo grandi premi.

In attesa degli Suebi costituirono con gli Eburoni di Ambiorige, con i Nervi, gli Atauatuci, i Menapi e i Cugerni una lega pronta a combattere.

Pertanto Cesare, quando era ancora inverno, penetrato nel territorio dei Nervi con quattro legioni, fece un gran numero di prigionieri che distribuì come preda ai soldati. Ricevuti gli ostaggi, rientrò negli accampamenti invernali.

All'inizio della primavera, convocò a Bratustantium (Beauvais) l'assemblea dei Galli alla quale non si presentarono i Senoni, i Carnuti e i Treveri.

A questo punto trasferì l'assemblea a Lutetia Parisiorum (Parigi) al confine con i Senoni.

In passato i Parisi si erano uniti ai Senoni, ma ora sembrava che fossero estranei alla sedizione.

Accone, che, cacciato Cavarino, aveva promosso la rivolta dei Senoni, intimorito dall'arrivo di Cesare ordinò alla popolazione di riparare nelle città.


Accone

Ma prima che gli abitanti delle campagne abbandonassero le proprie case eravamo arrivati.

Per il tramite degli Edui, di cui in passato erano stati clienti, i Senoni chiesero la pace, che Cesare concesse ordinando cento ostaggi. Stessa cosa fecero i Carnuti che erano stati clienti dei Remi, Cesare accettò le loro scuse alle stesse condizioni concesse ai Senoni.

Ciò fatto sciolse l'assemblea.

 

IV – Pacificata questa parte della Gallia, si occupa dei Treveri e di Ambiorige.

Ordina a Cavarino di seguirlo con la cavalleria dei Senoni, per tenerlo lontano dall'odio dei suoi nemici e per evitare che a causa della sua irascibilità scoppiassero nuovi disordini.


Cavarino

Manda due legioni con i bagagli di tutte le legioni da Labieno, lui stesso con cinque legioni procede verso il territorio dei Menapi, che unici tra i Galli non avevano mandato a Cesare ambasciatori di pace. Pensava che Ambiorige, legato ad essi da vincoli di ospitalità, si sarebbe rifugiato presso di loro.

I Menapi venuti a sapere del prossimo arrivo di Cesare, si trasferiscono con tutti i loro averi nelle paludi e nei boschi che abbondano nel loro territorio.

Cesare divise le truppe con Gaio Fabio e Marco Crasso, gettati vari pontili per attraversare le paludi, avanza su tre linee, incendia villaggi, prende prigionieri un gran numero di uomini, si impadronisce di moltissime mandrie.

I Messapi, visto che nulla poteva fermare la nostra avanzata, mandano ambasciatori chiedendo la pace. Consegnati gli ostaggi, Cesare li ammonisce che li tratterà da nemici se daranno ospitalità ad Ambiorige. 

Lasciato Commio con la cavalleria a tenerli sotto controllo, marcia contro i Treveri.


Commio

 

V – L'uccisione di Induziomaro non aveva portato la pace tra i Treveri, infatti i suoi familiari prima dichiararono nemico pubblico Cingetorige, che come detto era amico del Popolo Romano, poi raccolsero numerose truppe.


Cingetorige

Labieno raggiunto dalle due legioni inviate da Cesare, lasciato un presidio nel campo a guardia dei bagagli, avanzò nelle loro terre cercando una favorevole posizione dove fortificarsi in attesa dell’attacco nemico. Arrivato sulle rive di un affluente della Mosa, dalle rive scoscese e difficile da attraversarsi, pose il campo.

Dall'altro lato del fiume erano giunti i Treveri, che delusi nelle loro speranze, poiché pensavano che Labieno disponesse di una sola legione, mentre ora ne aveva tre, si fermarono in attesa dell'arrivo dei Germani Transrenani.

Nel nostro campo si trovavano non pochi cavalieri Galli, Labieno prevedendo  che molti di loro parteggiassero per i Treveri, lasciò credere che si sarebbe ritirato dalle sue fortificazioni per tornare nel campo principale, prima che arrivassero i Germani.

Come previsto i Treveri furono informati delle intenzioni di Labieno, che simulando la ritirata alle prime luci dell'alba, con grande strepito ordina che si abbandoni il campo. I Treveri credendo di poter attaccare truppe in fuga e appesantite dagli zaini, cominciano ad attraversare il fiume, in quel momento Labieno fatte girare le insegne ordina l'attacco.

Sotto l'inatteso tiro dei nostri giavellotti e attaccati dalla cavalleria, i Treveri non reggono neppure al primo assalto e non potendo riattraversare il fiume si sbandano nei boschi vicini.

Molti i caduti, moltissimi i prigionieri.  

I Germani, che avevano attraversato il Reno per venire in loro aiuto, alla notizia della disfatta dei Treveri tornano indietro, e con loro fuggono i congiunti di Induziomaro.
Dopo pochi giorni Labieno ricevette la resa dei Treveri.

Secondo le istruzioni di Cesare tutti i poteri furono affidati a Cingetorige. 

 

VI – Poiché i Germani erano andati in soccorso dei Treveri e poiché non voleva che dessero asilo ad Ambiorige, Cesare decise di attraversare nuovamente il Reno.

Costruito in pochi giorni un ponte simile al precedente, entrò nel territorio degli Ubi.

Immediatamente raggiunto da Alberico, fu da questi informato che gli aiuti ai Treveri erano stati mandati dagli Suebi.

Raccolto il grano Cesare si apprestava ad attaccare gli Suebi quando apprende da Alberico che si erano rifugiati, con tutti i guerrieri, in una interminabile, oscura foresta chiamata Selva Barcena, che si estende dal Reno verso oriente per centinaia di miglia. 


Selva Barcena

Cesare deve quindi rinunciare al suo disegno, tuttavia perché gli Suebi non si sentissero al sicuro, conserva il ponte, salvo un tratto di duecento piedi (circa 60 mt) dal lato accanto alla riva degli Ubi, che fece tagliare.
Costruì una torre di quattro piani sull'altro lato, a presidio della quale distacca dodici coorti (oltre 5.000 uomini), fortifica il luogo con grandi opere.

Ciò fatto appena il frumento comincia a maturare, marcia contro gli Eburoni.

 

VII – Le continue ribellioni convinsero Cesare che usare clemenza non portava nessun risultato, decise quindi di vendicare il massacro dell'esercito di Titurio Sabino dando un esempio che non fosse più dimenticato.

Entrato nella foresta delle Ardenne dalla parte del Reno, ne uscì avanzando nelle terre degli Eburoni. 


Foresta delle Ardenne

Questa foresta, la più grande di tutta la Gallia, si estende dal Reno fino alla Mosa per cinquecento miglia (circa 750 km).

Ambiorige, temendo per la propria vita, si diede alla fuga con pochi dei suoi. Fuggito il loro capo, ognuno pensò alla propria salvezza.

Catuvolco che condivideva con Ambiorige il regno, prostrato dagli anni, non volle fuggire.


Catuvolco

Stramaledetto Ambiorige per aver scatenato la vendetta Romana, si uccise con veleno di tasso.

I Segni e i Condrusi, popoli di origine Germanica che si trovano tra i Treveri e gli Eburoni, mandarono messaggeri a Cesare per dirgli di non considerarli nemici, aggiunsero che non avevano mai mandato aiuti agli Eburoni.

Appurato che dicevano il vero Cesare rispose che, se in seguito alla fuga gli Eburoni fossero sconfinati nel loro territorio, dovevano consegnarli ai Romani. Se ciò avessero fatto promise che avrebbe rispettato il loro territorio.

L'amicizia dei Segni e dei Condrusi era importante poiché impedivano ai Treveri di saldarsi con gli Eburoni, inoltre confinando con i nostri fedeli alleati Remi, andavano a costituire una cintura protettiva fondamentale per la nostra sicurezza, infine essendo di stirpe Germanica erano immuni dalla perniciosa influenza dei Druidi. 

 

VIII – Diviso l'esercito in tre parti, manda Quinto Cicerone con una legione e tutti i bagagli ad Atuatuca (oggi Tongeren in Belgio), ad occupare il campo costruito da Cotta e Sabino, che era rimasto intatto.

Ordina a Tito Labieno di avanzare con tre legioni contro i Cugerni e gli altri popoli che confinano con i Menapi. Con altrettante legioni fa avanzare Gaio Trebonio a saccheggiare le terre ai confini con gli Atuatuci. Egli stesso attraversa il paese degli Eburoni fino al fiume Scaldis (oggi Schelda).

Dice a Cicerone che sarebbe tornato entro sette giorni e ordina a Labieno e Trebonio di fare altrettanto, se possibile.
Poiché il territorio degli Eburoni si estendeva tra boschi e paludi, addentrarsi all'interno era pericoloso. Non volendo rischiare la vita dei legionari, Cesare concede alle popolazioni vicine, che meglio conoscevano le insidie dei luoghi, di saccheggiare a loro piacimento le terre degli Eburoni.

Richiamati dal suo invito attraversarono il Reno i Sugambri, che in passato avevano dato ricetto agli Usipeti ed ai Tencteri. Costoro non paghi del bottino fatto, per farne uno molto maggiore, guidati dagli Eburoni attaccano Atuatuca, dove, come detto si trovava Quinto Cicerone, con una delle legioni che Cesare aveva di recente arruolato. Per nostra fortuna nel campo c'erano anche trecento veterani convalescenti da malattie, tra questi il fortissimo primipilo Publio Sesto Baculo.

L'improvviso attacco dei Sugambri coglie di sorpresa i nostri, parte dei quali era uscita dal campo per raccogliere il grano.

Nella generale confusione Baculo, pur provato dalla malattia, chiamati a raccolta i centurioni resiste ai barbari, ferito gravemente a stento viene riportato nel campo.
Il tempo guadagnato consente ai nostri di prendere posizione sul vallo e di respingere i nemici.

Frattanto, era il settimo giorno dacché Cesare era partito, arriva ad Atuatuca Gaio Voluseno Quadrato con la cavalleria, i barbari fuggono e riattraversano il Reno.


Gaio Voluseno Quadrato

Di li a poco sopraggiunge anche Cesare con le legioni.

Coloro che erano usciti per vettovagliare si erano divisi in due gruppi, il primo dei quali guidato dai veterani era rientrato incolume nel campo, l'altro fuggito su una collina, non seppe resistere ai Barbari.

 

IX – Questo nuovo episodio conferma Cesare nella sua decisione di annientare gli Eburoni.

Tutti i villaggi e tutti i casolari che vengono avvistati sono incendiati, il bestiame dato come preda ai popoli vicini o ucciso, il foraggio è consumato per le necessità del gran numero di cavalieri convenuti a fare razzie.

Ambiorige scompare.

Chi dice che attraversato il Reno fosse caduto per mano dei Batavi.
Chi dice che si fosse suicidato.
Chi sostiene che, accusato di avere provocato la rovina del popolo, fosse stato ucciso dagli stessi Eburoni.

Devastato il paese Cesare conduce l'esercito a Durocortorum dei Remi (Reims), dove indetta l'assemblea dei Galli celebra il processo per la congiura dei Senoni e dei Carnuti.

Accone, promotore della rivolta, viene condannato, la sentenza eseguita secondo l'antico costume (il colpevole veniva disanimato a colpi di verga e poi decapitato), i suoi complici fuggono, contro di loro Cesare pronuncia l'interdetto dell'acqua e del fuoco (ovvero il bando da ogni consorzio umano).


Accone

Collocate due legioni tra i Condursi ai confini dei Treveri, due ad Andematunnum (Langres) tra i Lingoni e sei negli accampamenti invernali di Agedicum (Sens), parte per l'Italia.

 

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