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ARTE RINASCIMENTALE PROFANA

Per comprendere la peculiarità del progetto di Raffaello è opportuno ricordare che dedicava parte del suo tempo allo studio, in particolare dell’antichità classica, in ciò facilitato dall’incarico papale di “custodia e registrazione dei marmi antichi”. Al centro delle sue indagini furono il Pantheon, le Terme di Traiano e la sottostante Domus Aurea, nella quale si racconta che si facesse calare dall’alto per accedere a quegli ambienti, che divenuti sotterranei erano chiamati grotte e grottesche le pitture.

Le grottesche ebbero un impatto sensazionale sugli artisti del tempo, come si può intuire ricordando che i grandi cicli pittorici romani, ad esempio gli affreschi di Pompei, Ercolano e Stabia, oppure quelli della Villa di Livia a prima Porta sarebbero tornati alla luce secoli dopo.

Da queste grottesche venne a Raffaello l’ispirazione di creare un grande ambiente completamente affrescato.

La loggia fu dunque ideata da Raffaello, mentre le pitture furono in gran parte realizzate dalla sua bottega. Il modus operandi della bottega di Raffaello era particolare: Raffaello preparava i disegni, la bottega li trasponeva in cartoni, che lo stesso Raffaello rivedeva, gli aiuti li riportavano in affresco, infine Raffaello riservava a se stesso la pittura di qualche volto o qualche ritocco.

Nella loggia di Amore e Psiche la mano di Raffaello appare predominante nei due affreschi sul soffitto: il Concilio degli Dei e le Nozze di Amore e Psiche.

In ragione del modo di procedere della bottega di Raffello è arduo attribuire a questo o a quel maestro la paternità dei dipinti. Gli storici dell’arte sono concordi nell’affermare che i festoni, nei quali sono dipinte 200 specie vegetali, sono della mano di Giovanni da Udine (1487 – 1581), che sempre al fianco di Raffaello dipinse le grottesche delle logge Vaticane.

Giovanni è sepolto nel Pantheon accanto a Raffaello.

Tra gli artisti che dipinsero la loggia di Psiche, cospicuo fu l’intervento del grande Giulio Romano (1487 – 1581), grande anche come architetto e come tale, qui vicino sul Gianicolo, costruì la Villa Lante e a Mantova il famoso Palazzo Tè. Alla morte di Raffello, Giulio, che era il suo più autorevole aiuto, ne ereditò la bottega.

Oltre a Giulio Romano altri affreschi si devono a Giovanni Francesco Penni (1488 – 1528) e Raffaellino del Colle (1495 – 1566).

La bottega di Raffaello fu a suo modo unica e certo diametralmente opposta a quella di Michelangelo, i cui aiuti erano confinati alla preparazione dei colori e degli intonaci per gli affreschi. Al contrario Raffaello delegando agli aiuti parti significative delle opere ne favorì la crescita artistica, tanto che nella sua bottega, oltre a quelli sopra citati, lavorarono artisti come Lorenzetto, Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio, Guillaume de Marcillat, Alonso Berruguete, Tommaso Vincidor, Vincenzo Tamagni.

Bisogna proprio credere che a stare vicino a Raffaello era inevitabile apprendere l’arte!

Racconta il Vasari, che peraltro spesso le spara grosse, che la gestazione della Loggia fu complessa:

“Era in questo tempo a Roma Agostin Chisi mercante sanese ricchissimo e grande, il quale oltra a la mercatura teneva conto di tutte le persone virtuose e massime de gli architetti, pittori e scultori, e fra gli altri aveva preso grandissima amicizia con Rafaello...
...Onde facendogli Agostin Chisi dipignere nel palazzo suo la prima loggia, egli non poteva molto attendere a lavorare per lo amore che e' portava ad una sua donna (la Fornarina); per il che Agostin si disperava - ma l’astuto Agostin - operò sí che appena ottenne che questa sua donna venne a stare con esso in casa continuamente, in quella parte dove Rafaello lavorava, il che fu cagione che il lavoro venisse a fine.

Fece in questa opera tutti i cartoni e molte figure colorí di sua mano in fresco.”

 

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