| I Muraglionidi Claudio Mocchegiani Carpano
 Il massiccio intervento urbanistico, che portò ad una precisa delimitazione 
                dell'alveo, correggendone l'andamento e eliminandone le naturali sinuosità, 
                provocò pesanti opere di demolizione e scavo che da un lato contribuirono 
                a far scomparire completamente le tracce del porto di Roma e le relative 
                banchine, dall'altro portarono al ritrovamento di una quantità incredibile 
                di reperti archeologici, spesso di notevolissimo interesse.  Tra 1879 e il 1907 l'attività delle draghe galleggianti nel tratto cittadino 
                fu frenetica, perché era necessario sagomare l'alveo e le golene secondo 
                le prescrizioni degli ingegneri progettisti. Si iniziarono anche le demolizioni 
                degli ostacoli individuati in alveo, che spesso non erano altro che i 
                resti di antichi porti o banchine di ormeggio. L'allargamento del letto 
                del fiume e della linea dei muraglioni portò, come è noto, alla scoperta 
                di importanti edifici come quelli individuati presso la Farnesina, che 
                hanno restituito preziose documentazioni pittoriche, e il sepolcro dei 
                Platorini, oggi ricostruito al Museo Nazionale Romano.  Va detto, comunque, che gli interventi successivi non sono stati altrettanto 
                distruttivi nei confronti delle strutture rinvenute, come dimostrano gli 
                scavi condotti intorno al 1980 presso il Lungotevere Testaccio, vicino 
                all'Emporion, che hanno messo in luce un'area portuale caratterizzata 
                da un criptoportico su tre piani; lo studio dei resti ha consentito di 
                individuare le varie fasi di utilizzo del porto dal III secolo a.C. sino 
                al VI secolo, quando l'area fu usata come sepolcreto.   
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