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LA CAMPAGNA CONTRO I MARCOMANNI

I
Come abbiamo detto Traiano non voleva l’annientamento dei Quadi, voleva piuttosto che essi tornassero a essere, come furono in passato, nostri alleati.

Tuttavia la loro resa e la conseguente ritirata non lasciavano pensare che avessero rinunciato al desiderio di riprendere la guerra.
Traiano riteneva che essi si sarebbero ricongiunti ai Marcomanni per attaccare i Romani con tutte le loro forze.
Allo stesso tempo Traiano si doveva guardare dagli Iazigi.
Riunito il consiglio di guerra decise di dare la priorità alla campagna contro i Marcomanni, per non dare loro il tempo necessario ad organizzarsi con i Quadi.
Rispetto agli Iazigi decise per una difesa elastica, nella quale la retrovia era assicurata dal IV campo, mentre prima che sopraggiungesse l’inverno, ai confini delle terre degli Iazigi furono eretti un certo numero di castelli, con piccoli distaccamenti di cavalleria leggera per prevenire le tipiche incursioni di lieve entità dei predoni ed allo stesso tempo con il compito di vigilare che non ci fossero consistenti movimenti di truppe.
In questo caso si dovevano allertare i legionari del IV campo per intercettare i nemici. 
In pari tempo Traiano procedette ad un avvicendamento delle truppe. Da Carnuntum si imbarcò sulla flotta pannonica un forte distaccamento della cavalleria germanica (due alae millarie), che raggiunse il IV campo, sostituendo la cavalleria leggera che rientrò a Carnuntum.
Questo avvicendamento era dovuto al fatto che Traiano non voleva che la cavalleria germanica, in gran parte formata da Batavi e Tencteri, si scontrasse contro i Marcomanni, così come aveva evitato che combattesse contro i Quadi, mentre era nota la loro avversione verso gli Iazigi.

Ancora da Carnuntum e da Brigetio fece arrivare numerosi servi perché arassero le terre prese ai Quadi e le seminassero a grano, in modo da avere abbondanti rifornimenti in loco l’anno successivo.
Sempre in vista della stagione invernale nel II e nel III campo furono ridotte le forze che in parte furono dirottate nel I e nel IV campo, questo perché il vettovagliamento del primo campo poteva avvenire facilmente grazie alla flotta pannonica, mentre il IV campo poteva contare sui rifornimenti dei Contini.

Dopo aver preso tutti questi provvedimenti Traiano tornò a Carnuntum.

 

II
Plotina aspettava Marco Ulpio che a Carnuntum ritrovò Lucio Licinio Sura.

Come sappiamo Sura era stato inviato a Roma per accertarsi di quale fosse la situazione in quello che era ormai un palese conflitto tra Domiziano e una parte del Senato.
Allo stesso tempo Sura aveva avuto il delicato compito di far comprendere che l’esercito al comando di Traiano, impegnato in una durissima guerra per difendere il limes dell’impero, non doveva essere coinvolto nei conflitti interni.
Il ricordo della ribellione di Saturnino lasciava intendere a quali rischi si poteva andare incontro.
Sura riferì che Domiziano riponeva in Traiano la massima fiducia, mentre i senatori ostili a Domiziano apparivano indifferenti alle sorti del nostro esercito e della stessa guerra, facesse dunque Traiano ciò che riteneva opportuno.
Secondo l’opinione di Sura il conflitto in atto era insanabile e Domiziano non faceva nulla per blandire i suoi nemici, ormai non si recava più in Senato, viveva nella Domus Imperiale sul Palatino dalla quale comandava su tutto l’impero attraverso persone di sua completa fiducia.
A maggior disdoro delle vecchie oligarchie aveva istituto nella sua stessa Domus una scuola, aperta ai liberti, nella quale si insegnava l’arte del governo. Il segno era chiaro, né per l’oggi, né per l’indomani si potevano ricoprire incarichi di qualunque livello per diritto di nascita.

Suo padre Vespasiano e suo fratello Tito erano stati attenti a rispettare almeno i formalismi nei rapporti con l’antica nobiltà Romana. Domiziano che non aveva la giovialità di entrambi, preferiva vivere appartato e per di più disprezzava l’insaziabile voracità delle famiglie aristocratiche, mentre l’impero doveva far fronte alle continue insidie di un grande numero di nemici.
Tale essendo lo scenario Domiziano era in costante pericolo di vita. 
Dalle parole di Sura Traiano capì che si doveva preparare al peggio.
E il peggio era, è, e sempre sarà il conflitto interno; Traiano doveva perciò evitare che nella sua armata si formassero partiti pro o contro Domiziano.

Allo scopo, prima che cominciassero a circolare le voci più incontrollate, convocò un consiglio di guerra ristretto, nel quale informò della situazione di estrema incertezza che gravava sull’Impero ed espose la propria posizione: mantenere l’esercito compatto, isolare e punire gli eventuali agitatori, tenersi lontani da ogni fazione e ricordare sempre che la forza delle armi di Roma, oltre che su valenti comandanti, faceva leva sui centurioni e sui veterani, pertanto si prendessero cura di loro come figli e fratelli.

Egli stesso avrebbe più volte visitato ogni fortezza per mostrare con la propria presenza la sollecitudine del comandante.

 

III
Mentre le notizie di cui abbiamo parlato turbavano l’animo di Traiano, ben più urgenti e gravi incombevano le decisioni da prendere intorno alla guerra.

Il conflitto contro i Marcomanni, i Quadi e gli Iazigi entrava ormai nel sesto anno e se Marco Ulpio si poteva compiacere che nel suo primo anno di comando aveva costretto alla ritirata i Quadi, tuttavia la guerra era ancora lontana dalla sua conclusione.
Traiano rifletteva che Quadi e Marcomanni erano stati fedeli alleati del popolo Romano per oltre 50 anni e in quegli anni, quando grandi battaglie furono combattute contro i Cherusci prima e i Catti poi, furono spesso al fianco del nostro esercito con i loro ausiliari.

Cosa era dunque mutato, si chiedeva Traiano, perchè questi popoli da amici si fossero mutati in nemici?
La causa più prossima poteva essere ascritta alla sciagurata ribellione di Saturnino, che affidò le proprie ambizioni e le proprie sorti proprio alle truppe ausiliarie.
Quali promesse, quali sorti aveva promesso Saturnino ai barbari e quei miraggi erano morti con Saturnino?
Popoli fieri e bellicosi come i Quadi e i Marcomanni avrebbero ancora accettato di essere clienti dell’Impero che aveva mostrato così insospettate divisioni?
Ma andando dietro nel tempo Traiano rifletteva sul paradosso della sorte: fino a quando i Catti non furono sconfitti da Domiziano, i Quadi e i Marcomanni, che li odiavano come il peggiore dei nemici, furono a fianco dei Romani, ma sconfitti i Catti non c’era più un nemico comune. 

Andando ancora più indietro sino al tempo del divino Augusto ricordava il tremendo agguato nel quale caddero le tre legioni di Varo, furono i Cherusci, allora potentissimo popolo, che a capo di una lega di popoli germanici, sterminarono i nostri legionari.

Era indilazionabile e necessario ripensare complessivamente alla strategia di guerra, che non poteva essere circoscritta soltanto a un conflitto che, per quanto grave, restava locale.
L’intero fronte orientale dell’Impero era in gioco e il tempo era poco e le incertezze, come abbiamo ricordato, erano tante.     

La differenza fondamentale che rende il limes germanico-danubiano diverso da quello sud orientale (Parti, Siriani, Armeni), è dovuta al fatto che le popolazioni di queste ultime aree sono molto più civilizzate e stanziali, quindi comprendono quale sia la potenza del Popolo Romano e ben si guardano da sfidarlo.
Tutt'altra è la disposizione delle popolazioni che si trovano ai confini del limes germanico-danubiano, queste sono genti primitive, amanti della guerra e delle razzie, dedite alla pastorizia, non coltivano campi, non hanno città, raramente hanno un capo stabile e per nostra fortuna sono spesso in guerra gli uni contro gli altri.

Fanno eccezione i Daci, il cui territorio è prossimo a quello degli Iazigi, dei Roxolani, dei Bastarni e non lontano da quello dei Quadi e dei Marcomanni.
I Daci già al tempo del Divino Giulio hanno costituito un proprio regno con a capo Burebista ed ora dopo alterne vicende hanno ricostituito un regno unitario con a capo Decebalo, uomo astuto e ambizioso.
Inoltre i Daci hanno le grandi ricchezze che provengono dalle loro miniere d’oro e sui monti Orastie hanno costruito sei grandi città fortificate.

Traiano concluse quindi che ad ogni costo doveva evitare che Quadi e Marcomanni si legassero ai Daci.

Agli Iazigi avrebbe pensato poi.

 

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