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PER SAPERNE DI PIÙ: BACICCIA

Quando ci si affaccia sulla navata del Gesù lo sguardo è inesorabilmente attratto dalla luce che scendendo dalla cupola illumina il grande ciclo pittorico del Baciccia, che affrescò il catino absidale, l’arcone del presbiterio, i pennacchi della cupola, la cupola stessa, la volta della cappella di Sant’Ignazio e la volta della navata.

Dobbiamo dare atto ai Gesuiti che ebbero il coraggio e l’intuizione di affidare ad un solo artista e per di più giovane un ciclo pittorico di tale impegno.

Il tema del catino absidale è la Gloria del Mistico Agnello, nell’sott’arco del presbiterio Baciccia dipinse Angeli musicanti che inneggiano al Nome di Gesù, nei pennacchi della cupola sono raffigurati Profeti, Evangelisti e Dottori della Chiesa, nella cupola il Paradiso inneggia a Gesù, mentre dalla volta della vicina cappella di Sant’Ignazio, il Santo si protende verso la luce che scende dalla cupola.

Ma è nella volta della navata che il Baciccia ha espresso tutte le sue spettacolari doti visionarie.
L’affresco “Il Trionfo del Nome di Gesù” ha al centro la luce di Dio che attrae i gruppi dei santi e dei beati e respinge i dannati. Ricorrendo ad un artificio illusionistico i diversi gruppi di figure sfondano la cornice, con effetti divergenti, ad entrare, come il gruppo di Sant’Ignazio, e ad uscire gli angeli ribelli, che sembrano precipitare verso il basso.

Baciccia non si limitò all’affresco, disegnò anche tutti gli stucchi della volta, per ottenere la compiuta sintesi tra pittura e scultura.

Gli stucchi della volta nella chiesa del Gesù

Lo straordinario ciclo pittorico del Gesù raggiunge quel punto oltre al quale la pittura barocca non può andare.

In uno dei suoi sonetti, “L’Angeli Ribbelli”, Gioacchino Belli sembra essere ispirato dalla caduta degli Angeli Ribelli, affrescata nella volta del Gesù.

 

L'angeli allora, coll'ale de pelle,    
Corna, uggne e code, tra biastime e ppianti, biastime = bestemmie  
Tommolorno in ner mare tutti-quanti, tommolorno = precipitarono  
Che li schizzi arrivaveno a le stelle.    
     
Cento secoli sani ce mettérno    
In quer gran capitommolo e bottaccio    
Dar paradiso in giù ssino a l'inferno.    
     
Cacciati li demoni, stese un braccio    
Longo tremila mija er Padr'Eterno,    
E sserrò er paradiso a catenaccio.    
     
    Roma, 16 febbraio 1833

 

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