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ANTONIO GHERARDI

Antonio Tatoti è stato uno degli artisti più originali dell’età Barocca.

Nacque a Rieti nel 1638.
Deve la sua fortuna artistica a monsignor Bulgarino Bulgarini, governatore della città, che allora si trovava nello stato pontificio. Il padre, calzolaio, morì quando Antonio aveva otto anni, per ragioni che non conosciamo, nel 1656 Bulgarini lo sottrasse alla tutela materna per affidarlo ad uno zio materno. L’anno successivo Bulgarini fu trasferito a Roma dove poco dopo lo raggiunse il nostro Antonio, che nel 1660 volle cambiare il proprio cognome in Gherardi e come Antonio Gherardi è conosciuto. Bulgarini lo introdusse nel mondo artistico romano, presentandolo al pittore Pier Francesco Mola e al grande Pietro da Cortona, che influenzò decisamente Gherardi, tanto che i suoi primi dipinti furono a lungo attribuiti a Pietro. Tra il 1667 e il 1669 fece un viaggio di studio che lo portò a Bologna, Milano, Venezia e, tornando a Roma, a Perugia.

Al suo ritorno gli fu commissionata per la chiesa di Santa Maria in Trivio (accanto alla Fontana di Trevi) la sua prima grande opera: il dipinto della volta che rappresenta le Storie della vita della Vergine.

Di seguito lavorò per la nobiltà romana.

A partire da 1675, potremmo dire ispirato da Pietro da Cortona, divenne pittore, architetto e scultore. Proprio nel 1675 fu inaugurata in Santa Maria in Aracoeli la cappella di San Francesco Solano della quale Gherardi fu appunto architetto e pittore.

Peraltro delle pitture è sopravvissuta solo la grande lunetta con la morte del Santo e due piccoli affreschi nella volta.

La cappella di San Francesco Solano - clicca per ingrandire

Attorno al 1680 portò a termine la cappella Avila, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere. Sappiamo anche che dal 1673 abitava nel palazzo del committente, Pietro Paolo Avila.
Questo capolavoro è la sua opera più ardita e originale, tanto che l’abate Filippo Titi, autore di una sorta di guida romana, scandalizzato da tanto ardire definì l’architettura “bizzarra e capricciosa”.

In realtà la cappella è straordinaria per l’illusionismo prospettico di stampo borrominiano e per la Luce che scende dal cielo attraversando la cupoletta retta da quattro angeli.

Il tema della Luce che scende dal cielo, come vedremo, verrà ripreso da Gherardi nella cappella di Santa Cecilia. È lecito pensare che la Luce rappresenti Dio e il fatto che lungo la giornata la Luce sia in movimento continuo indica la costanza della presenza divina.

Anche il quadro sull’altare maggiore, che raffigura San Girolamo nel deserto è del Gherardi.

Nel 1691 gli fu affidata la realizzazione della cappella di Santa Cecilia a San Carlo ai Catinari.
Nel frattempo aveva lavorato in molte località del Lazio e dell’Umbria.
La cappella di Santa Cecilia è forse la sua opera più impegnativa visto che Gherardi curò l’architettura, gli stucchi e dipinse la pala d’altare.
La scenografica composizione culmina con due cupole sovrapposte, che danno vita ad incredibili squarci di luce, in costante movimento.

Anche la pala d’altare che raffigura Santa Cecilia è di Gherardi; in basso, in veste di angeli musicanti, Antonio ha ritratto i propri figli. Da notare sulla cupoletta gli altri angeli musicanti che suonano in onore della Santa.

Attorno al 1697 gli fu affidato il rifacimento della cappella di Santa Teresa a Santa Maria in Traspontina, qui oltre all’architettura e al disegno degli stucchi dipinse la pala d’altare con l’estasi della Santa.

Antonio Gherardi morì a Roma nel 1702. Fu sepolto nella basilica di Santa Maria sopra Minerva. 
In questa nostro viaggio nell’età barocca, abbiamo inserito Gherardi tra gli architetti per le sue indimenticabili “invenzioni”: la cappella Avila e la cappella di Santa Cecilia.

 

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